In questo momento storico ci troviamo a sperimentare un corpo e una mente che rallentano.

In particolare, nell’ambito della didattica a distanza, l’angoscia del vuoto sembra ancora più vicina e palpabile.

L’assenza di corpi, di una presenza fisica, fa percepire maggiormente una lontananza che investe sia la classe virtuale, sia i rapporti fra i docenti.

Questa angoscia sembra aumentare quando i docenti riconoscono di non riuscire a raggiungere i ragazzi più in difficoltà, oggi esposti ad una fragilità aggiuntiva.

L’impegno verso una scuola inclusiva viene messo in discussione; sembra che gli sforzi fatti finora vengano rapidamente vanificati e l’assenza di alcuni studenti viene avvertita come più preoccupante.

In questo contesto, ruoli e competenze relazionali sono degli strumenti utili per affrontare l’emergenza, ma vanno arricchiti con un senso diverso.

Le difficoltà maggiori che i docenti si trovano a dover gestire in questo momento riguardano aspetti differenti:

  1. L’aspetto esistenziale e personale. Questa situazione di incertezza e di precarietà richiede, per essere affrontata, una grande energia psichica e mentale, risorsa che consente di reggere di fronte all’incertezza e di sopravvivere ad un trauma esteso. In più la lezione “a distanza” mette in discussione la dimensione affettiva e relazionale del lavoro con i ragazzi, fino ad oggi implicitamente garantito anche solo dalla presenza fisica, dallo “stare insieme” in uno spazio condiviso e reale.
  2. L’aspetto professionale. È facile sentirsi inadeguati a rispondere in tempi molto rapidi al cambiamento e a reinventarsi in proposte efficaci; questa grande richiesta genera ulteriori ansie e fatiche.
  3. L’aspetto relazionale. Un ruolo di grande importanza viene rivestito dalla rete dei colleghi. Se prima i docenti avevano la possibilità di confrontarsi nell’aula docenti durante la giornata o nei consigli di classe, oggi tali momenti sembrano venire meno, lasciandoli improvvisamente più soli nell’immaginare nuovi scenari didattici e formativi.

Per questi motivi, i docenti si ritrovano in una difficoltà tanto grande da limitare le loro possibilità creative, vivendo una dimensione depressiva.

 

Come stimolare la motivazione allo studio.

In questo scenario gli insegnanti rischiano di intendere il loro ruolo in modo rigido, dando la priorità agli aspetti concreti legati alla didattica tradizionale e tralasciando la componente affettiva, fondamentale invece per sollecitare la motivazione ad apprendere.

È invece proprio nella componente affettiva-relazionale che si gioca il complesso processo di apprendimento e, in una dimensione virtuale, è necessario trovare altre modalità e altri canali di realizzazione.

In questa situazione il senso di smarrimento, di impotenza e di fatica è normale.

Il docente ha bisogno di tempo per masticare e metabolizzare la nuova realtà educativa, per avere la possibilità di introdurre un pensiero nuovo rispetto a quanto finora conosciuto.

Tali nuove modalità di declinare il proprio ruolo faranno sperimentare agli insegnanti emozioni e sensazioni in parte differenti da quelle a cui erano abituati a scuola e nelle loro classi.

 

Prove sul campo.

Alcune esperienze si stanno muovendo in questa direzione e i docenti raccontano del desiderio di valorizzare il gruppo classe virtuale, riconoscendo come fondamentali l’accoglienza, il ri-trovarsi e la possibilità di condividere una parte del proprio domestico (un’immagine della propria stanza, del proprio gatto, ecc).

Può capitare che un docente, mentre fa l’appello e attende l’arrivo dei ragazzi nella classe virtuale, dia spazio alle loro emozioni e esperienze.  In questo modo svolge la sua funzione educativa in modo competente e professionale, integrando la dimensione affettiva per favorire l’apprendimento e il benessere degli studenti.

Le proposte didattiche potrebbero quindi essere maggiormente orientate a stimolare una partecipazione attiva degli studenti, sperimentando strade non ancorate ai modelli didattici tradizionali.

Molte scuole stanno proponendo ai loro studenti altre modalità di studio e di apprendimento: creare canzoni, scrivere poesie, partecipare a contest di scrittura indetti dalla scuola o a livello nazionale, simulare programmi radiofonici dove ognuno può esprimersi su delle tematiche precise e, allo stesso tempo, imparare ad esporle in modo chiaro, conciso e coerente con la discussione in atto. Oppure trasformare un’interrogazione sulla Divina Commedia in una vera e propria “immersione” in essa, grazie alla possibilità di potersi immedesimare nei personaggi con dei travestimenti che il nuovo spazio domestico lo consente.

Capita allora di sentire i racconti di alcuni docenti che restano piacevolmente sorpresi e stupiti nello scoprire risorse, a volte inaspettate e sconosciute, che gli studenti portano nella classe virtuale: dal cambiamento delle modalità di stare nel gruppo, al piacere che assume lo stare nel qui ed ora, persino cercando di procrastinare il termine della video lezione.

Allo stesso modo sembra riattivarsi e ricompattarsi il gruppo della classe al punto tale che, se al mattino un compagno non si presenta, gli altri lo contattano chiedendo di connettersi. In più gli studenti si accordano per il pomeriggio al fine di preparare le attività per i giorni successivi. È un modo per sentirsi meno soli e per utilizzare positivamente le opportunità offerte dalla tecnologia.

 

Un cambiamento necessario.

Misurarsi con tale complessità richiede un profondo cambio di paradigma che può significare privilegiare l’apprendimento come capacità di pensare, di costruire relazioni, di collocarsi all’interno di un progetto e di riconoscere e integrare la potenza degli effetti trasformativi delle esperienze a cui siamo esposti.

Ci piace immaginare che questa forzata sperimentazione possa essere per i docenti un’occasione arricchente, anche se molto impegnativa, dove non bisogna farsi travolgere dagli avvenimenti e dalla nostalgia per un passato perduto, ma lasciarsi guidare dal desiderio di imparare e sperimentare strade nuove e inconsuete.

 

Redazione OFFICINE