In queste settimane di diffusione della pandemia Covid-19 si è resa inevitabile la sperimentazione di massa della “scuola a distanza” attraverso l’uso di soluzioni digitali.

Da ormai alcuni anni, l’istituzione scolastica e i docenti erano stati invitati e sollecitati a ripensare alle loro funzioni, al loro ruolo e agli strumenti, provando ad integrare le nuove tecnologie alla didattica tradizionale, ma questa situazione emergenziale ne ha accelerato i tempi, trovando così molti impreparati.

 

Gli interrogativi degli insegnanti.

La nostra riflessione parte da esperienze dirette con gli insegnanti che si sono rivolti allo sportello di ascolto, ora svolto in modalità online.

In particolare, nell’emergenza Covid-19, i docenti sembrano avvertire con maggior forza una messa in discussione da parte degli studenti del proprio ruolo.

L’interrogativo dei docenti in questo particolare momento storico sembra riguardare principalmente la difficoltà di agganciare i ragazzi in uno scenario così mutato.

Le domande più frequenti sono: “come facciamo a farli alzare dal letto e partecipare ad una video-lezione?”, “come possiamo aiutare i ragazzi ad apprendere in un momento come questo?” oppure “come fanno i ragazzi a studiare e apprendere quando rimangono immersi in un ambiente familiare già di per sé complicato e fragile?”.

 

Didattica conservativa vs innovativa.

Di fronte a tali quesiti, sembra che alcuni insegnanti si ancorino ancora di più ad una rappresentazione di ruolo rigida e poco trasformativa. Seppure con difficoltà, ripropongono una modalità classica di gestione della classe e delle lezioni: si porta avanti il programma didattico concordato all’inizio dell’anno, si danno i compiti e si valuta sulla base di quanto viene prodotto. Ciò che cambia è solo il mezzo.

Altri insegnanti, invece, rivedono i propri programmi e individuano nuovi strumenti con l’obiettivo di riuscire a raggiungere i ragazzi. Provano così a stimolare le aree creative (o residuali) di ciascuno, proponendo attività in gruppo e/o personalizzate per gli studenti.

Queste sperimentazioni, però, rischiano di essere avvertite come interpretazioni individuali e generare conflitto fra i docenti.

 

Il difficile equilibrio tra dimensione privata e professionale.

 Si è poi creata una dimensione completamente nuova, e apparentemente paradossale, rappresentata dalla possibilità di entrare in contatto con gli altri “a distanza”, ma “dentro” lo spazio domestico e privato di ognuno.

Diventa così più complicato trovare un giusto equilibrio relazionale.

Gli insegnanti spesso si sentono quasi invasi nel loro spazio privato, mentre invece i ragazzi sembrano vivere la situazione con naturalezza, quasi con il piacere di potere, finalmente, mescolare casa e scuola, privato e pubblico.

I docenti si rivolgono un’autocritica importante: “siamo impreparati a tutto questo, lo strumento della tecnologia non ci è affine e non sappiamo come utilizzarlo”.

Una grande novità è che, improvvisamente, alcuni studenti, che fino a poco prima erano sostenuti dai docenti, si sono messi accanto ai loro insegnanti per poterli supportare nell’utilizzo degli strumenti tecnologici. Se da un lato questo sembra denotare un’ottica di cooperazione nuova, dall’altro può mandare in crisi i docenti stessi che hanno dovuto interrogarsi su come trasmettere e passare il loro sapere.

 

Come fare?

Innanzitutto è importante concedersi del tempo per sintonizzarsi con il cambiamento in atto, per permettere a questa nuova esperienza di crescita di svilupparsi e di instaurarsi nel rapporto insegnante-alunni.

In secondo luogo il ruolo di insegnante può essere inteso maggiormente in un’ottica trasformativa e avvalersi di nuove modalità di insegnamento.

È poi fondamentale comprendere come la dimensione educativa sia fortemente caratterizzata da una valenza affettiva. È necessario far sentire ai ragazzi che gli insegnanti sono lì con loro e che, anche se sono venute meno routine e certezze, non li lasciano da soli nell’angoscia e nel vuoto provocati dall’emergenza.

 

Redazione Officine